La Storia di Villa Traverso Pedrina

La proprietà di Villa Pedrina, apparteneva anticamente alla nobile famiglia dei Traversi. Questi presero il nome dal capostipite, Traverso, che all’inizio del XIV secolo ricevette a titolo di feudo dal vescovo di Vicenza molti possedimenti nel territorio di Barbarano, fra i quali c’era anche tutta la zona di Monticello.

Il complesso di compone, con la vicina Villa Traverso Gallo ora Ghiotto, il singolare insediamento di Monticello di Barbarano Vicentino (VI) sviluppato attorno alla base del vertice orientale del rilievo collinare omonimo. Dalle mappe storiche (1600 ca. e catasto austriaco) si rileva che l’origine dell’insediamento medesimo è legato alla presenza di antichi tracciati viari e a emergenze architettoniche una volta presenti sulla collina (castello e chiesetta di epoca longobarda).

In origine gli edifici più antichi appartenevano alla proprietà Traverso, come anche documentato dal nome della famiglia ancora leggibile nella cornice della finestra al piano terra del corpo di fabbrica che si attesta ad occidente del corpo padronale.

La proprietà di Villa Pedrina viene nominata per la prima volta nella denuncia d’estimo del 1544. In questo documento Traverso dei Traversi dichiara di possedere “una casa domenicale da copo da casi otto, cum una columbara, ara et orto et brolelo… in contrada de Montechielo”.

Nel 1596 la proprieta viene descritta come “un sime con casa murà cupà, solarà con due camere et colombara in contrà del Montechilo, ara et orto” di proprietà di Giulio Cesare Traverso. La descrizione si parla di “una casa dominicalle con stalle, teze, corte et horto”.

Ambedue gli edifici, Pedrina e Ghiotto, infatti, appartenevano originariamente alla nobile famiglia dei Traverso e, per quanto riguarda Villa Pedrina, sia documenti sia alcune forme architettoniche ancora riconoscibili attestano che il primo evento costruttivo risaliva almeno al XVI secolo.

L’impianto della Villa, sicuramente antecedente al XV secolo, è rilevabile da alcuni tratti di muratura (quanto scoperti da intonaco), della facciata orientale della Villa stessa; altre testimonianze delle varie vicende costruttive che hanno interessato l’edificio in più periodi fino all’Ottocento, sono rintracciabili nella facciata principale posta a meridione, che offre soluzioni singolari nelle modanature della balaustra e dei davanzali piani delle finestre superiori e mostra chiaramente gli insediamenti ottocenteschi delle finestre del piano rialzato, tutte con contorni in pietra predisposte per la finitura a intonaco, nonché del poggiolo centrale in corrispondenza del salone del piano nobile, la cui apertura è fiancheggiata da due lunette cieche che riflettono un gusto neoclassico.

Altri elementi significativi per la storia dell’edificio si rilevano nella facciata settentrionale, dove, accanto alle aperture scandite dagli stessi ritmi della facciata sud, sono presenti altre aperture quasi anomale, come il portalino d’ingresso laterale con un contorno in pietre bugnate.

Assai singolare risulta il piano seminterrato, a cui si accede da una porta sul lato orientale della Villa, in prossimità dell’innesto con la Barchessa Est.

Un primo ambiente, bipartito da una sequenza di tre bassi archi in mattoni a tutto sesto, trova sbocco in una galleria che prosegue in direzione ovest sotto il salone centrale del piano rialzato. L’accesso è stato murato, per ragioni di sicurezza, nel secondo conflitto mondiale. Mediante la galleria si accedeva a vari ambienti voltati corrispondenti alle stanze del piano rialzato.

Va evidenziata la particolare esecuzione delle murature realizzate impiegando la locale pietra calcarea denominata “scaglia rossa” che, grazie alla configurazione naturale dei blocchi, compone una tessitura del paramento murario la cui tecnica di assemblaggio è caratteristica del peculiare modo di edificare circoscritto all’ambito territoriale interessato.
L’impianto attuale, a livello planimetrico e distributivo del corpo padronale derivante dalle modifiche ottocentesche, si svolge simmetricamente attorno al salone passante del piano rialzato, a cui si accede da nord e da sud mediante due scalinate in pietra, e a quello sovrastante del piano nobile. Gli spazi interni dei saloni e delle sale laterali sono contraddistinti da una semplice ma armoniosa integrazione degli elementi costruttivi e di finitura, come le travature a vista dei soffitti con tavolati e listelli coprifilo, i camini in pietra e le pavimentazioni in cotto a piano rialzato e in molti ambienti del piano nobile.

Sempre al tardo ottocento è ascrivibile l’aggiunta del volume semicilindrico in muratura di mattoni, che doveva contenere la scala a chiocciola, addossato alla facciata orientale.

Un corpo di collegamento tra questa Villa e l’adiacente Villa Ghiotto, dotato di una teoria di piccoli archi, ora murati e finestrati, porterebbe ad avvalorare una supposta antica presenza conventuale.

Testo: Koren Mor

La Corte

Attorno all’edificio padronale si sviluppano una serie di corpi di fabbrica aggregati in modo da formare una “corte” aperta su due lati (est e sud) verso la pianura.

A est un articolato piccolo corpo di fabbrica, denominato “Casa dei Mezzadri”, mantiene l’originaria destinazione abitativa e segna l’ingresso, a levante, alla corte-giardino.

Segue la “Barchessa” di impronta chiaramente settecentesca, oggetto di un recente e radicale restauro conservativo del tetto. Alle spalle dell’ampio portico, dotato di una serie arcate a tutto sesto impostate su pilastri quadrati muniti di zoccolo in locale pietra di Nanto, un ampio ambiente, un tempo stalla, conserva ancora integra la struttura lignea settecentesca con le tipiche divisioni in “poste”. Il pavimento è in cotto. All’ampio portico si accede a occidente tramite un ampio portale che, contornato da robusti conci in pietra di Nanto, è dotato di serramento ligneo originario. Il portale è posto in asse con la strada comunale di Monticello.

A ovest della corte si distingue la lunga adiacenza a ponente, denominata “Ala-D” con asse principale nord-sud, che trova ampliamento planimetrico nei rustici dei magazzini e delle cantine. Questi ultimi, attualmente non utilizzati e da recuperare, conservano finestre distribuite con regolarità nelle facciate e dotate di spessi contorni in pietra muniti di inferriate d’epoca.

Infine, quello che doveva costituire un ampio parco antistante l’aia della villa e stato ora trasformato in coltivazioni ortive e in frutteto che ha, in parte, riutilizzato e inglobato l’antico brolo del Cinquecento.

Interessante segnalare, sul lato nord del cortile della villa adiacente la via pubblica, proprio sul confine della proprietà, la presenza di una sorgente d’acqua termale a bassa temperature.

L’intero corpo edilizio è stato oggetto di ripetuti interventi fino all’Ottocento, ancor oggi ben visibili nel tessuto murario a vista.

Il complesso edilizio è pure documento significativo delle antiche attività agricole che erano il motivo fondante dei grandi complessi costituiti dalle più antiche Ville venete colle adiacenze rurali, sorte appunto originariamente per la gestione delle attività agricole estese su ampi territori.

A sud-est la “corte” si apre sulla vista dei Colli Euganei.

Rimangono da recuperare tutti gli ampi volumi delle “Cantine-Magazzini”.

L’intero complesso risulta vincolato ex Lege 1° giugno 1939 n. 1089, come da Decreto 27 ottobre 1998 emesso dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.